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BOLOGNA
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Re Enzo di Svevia

Cremona 1220 - Bologna 1272

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Enzo di Svevia, Re di Sardegna e figlio illegittimo del celeberrimo Federico II, fu uno dei principali protagonisti dell’Europa del XIII secolo. Nell’ambito delle guerra tra Guelfi e Ghibellini, Enzo entrò in guerra nel 1238 al fianco del padre, contro i Comuni riunitosi nella Seconda Lega Lombarda, ottenendo una serie iniziale di vittorie.

Nel maggio 1249, però, i bolognesi sorpresero Enzo a Fossalta, nei pressi di Modena, dove fu sconfitto e catturato. I bolognesi, dopo due mesi, lo portarono a Bologna, rinchiudendolo nel palazzo che avrebbe preso il nome dal suo prigioniero illustro, Palazzo di Re Enzo, e dove trovò la morte nel 1272.
Per tutta la durata della sua vita, i bolognesi si rifiutarono di liberarlo, rispedendo ogni trattativa per il suo riscatto. Nonostante ciò, la prigionia di Re Enzo fu agiata e lussuosa, e probabilmente ebbe modo di curare anche la redazione di De arte venandi cum avibus, il libro sulla caccia del padre, e conservato nella Biblioteca dell’Archiginnasio.
Avere un personaggio di tale levatura fu motivo di grande orgoglio per i bolognesi, tanto che alla sua morte gli fu decretato un funerale solenne e la sepoltura nella Basilica di San Domenico, con corona, spada e speroni, ancora oggi esistente sebbene coperta da una lapide.

Sono tre le leggende intorno alla figura di Re Enzo a Bologna.
La prima riguarda l’offerta che fece il padre Federico II per il suo riscatto, di una grandissima catena d’oro capace di cingere l’intera cerchia muraria di Bolognese, offerta subito respinta.
La seconda riguarda la sua storia d’amore con la nobile Lucia da Viadagnola, da cui discenderebbe la famiglia dei Bentivoglio.
La terza e più famosa e il tentativo di evasione, ricordato dalle cronache cittadine e impresso su due sculture poste sui pilastri esterni di Palazzo del Podestà.
Nascosto in un tino da vino, tentò di farsi trasportare fuori dal palazzo-prigione. Solo l’intervento di una popolana, che si accorse della zazzera fuoriuscente dal tino e che diede subito l’allarme, impedì la rocambolesca fuga.

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